Cassazione conferma: non c’è limite per la lama dei coltelli

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Cassazione conferma: non c’è limite per la lama dei coltelli

Un cittadino ha proposto ricorso in Cassazione avverso una condanna a 800 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 4, comma 3, legge 110/75, per aver portato fuori dall’abitazione, senza giustificato motivo, un coltello a serramanico. In udienza aveva poi giustificato la presenza del coltello con “una dimenticanza”. Tra i motivi addotti dal difensore per l’assoluzione, c’era anche il fatto che la lama era lunga “soli 6,5 cm”. Per questo motivo il difensore, in Cassazione, chiedeva l’annullamento della sentenza o in subordine l’applicazione delle attenuanti generiche. I giudici, con sentenza n. n. 23429 del 24 giugno 2025 (I sezione penale) hanno respinto il ricorso, motivando la decisione così: “Il coltello è un’arma da punta e taglio, legittimamente equiparato dal legislatore alle armi improprie, stante la sua evidente idoneità a ferire e ad uccidere persone, indipendentemente dalle sue dimensioni. L’abrogazione di fatto dell’art. 80 del Regolamento per l’esecuzione del Tulps, ad opera dello stesso art. 4 della legge n. 110/1975 (quale conseguenza dell’esplicita abrogazione degli artt. 19 e 42 Tulps), ha eliminato la categoria degli strumenti da punta e taglio il cui porto non è vietato in ragione delle loro modeste dimensioni (così Sez. 4, n. 1482 del 22/11/2018, dep. 2019, Rv. 274976). Le dimensioni di un coltello, peraltro, incidono sulla sua potenzialità offensiva, che deve perciò essere desunta dalle sue caratteristiche: l’oggetto rinvenuto in possesso del ricorrente possedeva dimensioni idonee a renderlo in concreto pericoloso, stante la lunghezza della sua lama. Logicamente, perciò, la sentenza impugnata ha implicitamente ritenuto sussistente l’offensività della condotta tenuta dal ricorrente, che legittima la sua qualificazione come reato, essendo irrilevanti, sotto tale profilo, le modalità con cui l’arma era portata fuori dall’abitazione: lo stesso ricorrente qualifica il coltello a serramanico, quale quello da lui portato, come un’arma impropria, ed erra pertanto nell’affermare che il suo porto è vietato solo qualora sia dimostrato «con rassicurante certezza il pericolo di offesa alla persona», perché l’art. 4 della legge n. 110/1975, come detto, richiede tale verifica in concreto solo per il porto di oggetti non costituenti armi improprie, mentre per queste ultime il porto è vietato semplicemente se privo di un giustificato motivo. 3. Il ricorso è infondato anche in relazione all’affermazione dell’avere il ricorrente giustificato il porto di quel coltello. La giustificazione offerta è contraddittoria, avendo egli, in realtà, dichiarato solo di averlo dimenticato sull’auto, dove peraltro lui stesso lo aveva collocato qualche giorno prima del controllo, ma soprattutto è stata fornita tardivamente. Questa Corte ha sempre ritenuto che «Il “giustificato motivo” rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti» (Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Rv. 276187)”.

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Fonte: armietiro
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