La banda armata canadese, il Decreto sicurezza, il terrorismo

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La banda armata canadese, il Decreto sicurezza, il terrorismo

In Canada ha fatto scandalo un’inchiesta che ha portato all’arresto di un gruppo al quale è stato contestato di condurre attività paramilitare a fini eversivi, all’interno del quale militavano quattro appartenenti alle forze armate.

Il gruppo pare che stesse pianificando di creare una milizia antigovernativa per occupare alcuni territori nel Quebec e per raggiungere questo obiettivo avevano costituito un piccolo, grande arsenale e soprattutto avevano preso parte ad addestramenti di tipo militare.

La notizia offre corposi spunti di riflessione sotto molteplici punti di vista, non ultimo il malcontento generale delle popolazioni dei Paesi occidentali e lo scollamento dalle Istituzioni che porta addirittura alcuni appartenenti alle forze di sicurezza a concepire azioni di natura eversiva e dunque ai danni delle stesse strutture che li hanno allevati e che sono chiamati a proteggere.

Dal nostro punto di vista, però, l’aspetto che appare di maggior impatto riguarda la frequentazione dei poligoni e campi di tiro e le finalità per le quali ci si esercita al tiro.

Dimmi perché spari, ti dirò chi sei
Già, perché proprio le finalità e quindi le modalità con le quali ci si esercita all’uso delle armi da fuoco determinano il confine, spesso difficile da individuare, tra il lecito e l’illecito:

  • Ovviamente, al di fuori di ogni ombra si pongono tutte le discipline sportive del tiro, che proprio per la loro vocazione sportiva superano ogni ipotetica domanda o dubbio a riguardo. Anzi, il bellissimo mondo degli sport del tiro da sempre deve faticare per ricordare a tutti la specchiatezza delle sue finalità e dei suoi rappresentanti, al punto che molte discipline sportive, proprio per chiamarsi fuori da ogni ipotetico sospetto o strumentalizzazione nei loro confronti, prevedono esplicitamente il divieto di esercitarsi indossando abbigliamento di palese ispirazione militare.
  • Lo stesso si dica per la caccia, che proprio per sua natura ha uno scopo e una finalità assolutamente individuate e specifiche.
  • Nessuna ombra si allunga nemmeno su chi si intrattenga nell’imparare l’uso delle armi per un ipotetico scopo difensivo. Fino a quando, infatti, sarà legittimo difendere la vita propria e dei propri cari, allora sarà legittimo anche domandarsi come poterlo fare attraverso l’uso di armi legittimamente detenute. In questa direzione, peraltro, nel 2006 il legislatore è andato proprio introducendo quella che attualmente è l’ultima parte dell’articolo 52 del codice penale, “Legittima difesa”, specificamente dedicato alla difesa domiciliare.
  • Esiste poi un ulteriore categoria di persone che si esercitano al tiro, vale a dire chiunque lo faccia a scopo puramente ludico.

È scontato sottolineare la finalità pienamente legittima dell’uso ludico delle armi. Allo stesso tempo, però, la categoria del tiratore per puro diletto è talmente ampia ed eterogenea da prestarsi a essere in qualche modo infiltrata anche da chi potenzialmente faccia addestramento all’uso delle armi per finalità addirittura criminose.

A prescindere da questo rischio, è in ogni caso importante chiarire qualche concetto giuridico, che possa servire da bussola a ogni rispettabile tiratore affinché nemmeno un’ombra sia gettata sulla sua pratica del tiro. Non c’è niente di peggio, infatti, che incappare involontariamente in comportamenti sospetti senza avere alcuna colpa perché, come ben sa ogni tiratore, nel dubbio saltano le licenze e con esse ogni forma di pratica del tiro.

Il concetto di “banda armata”
La prima ipotesi che fa da sfondo a ogni ipotetica responsabilità è quello di vedersi contestare la partecipazione (se non addirittura l’organizzazione) di una banda armata (art. 306 cp).

Per “banda armata” viene generalmente inteso ”un gruppo di persone tra cui intercorre un vincolo di permanente collegamento al fine specifico di commettere reati con armamento, organizzato in modo idoneo allo scopo e soggetto al comando di uno o più capi”.

È evidente come l’illegittimità di questi comportamenti è da ricercare nello scopo, nelle finalità di ciò che si fa.

E la finalità peggiore è la commissione di reati. Si badi, però, la norma non prende in considerazione reati qualsiasi, ma i delitti commessi contro la personalità dello Stato e dunque, nel caso di nostro interesse, si rientra nella galassia delle associazioni sovversive ed eversive ed in definitiva nel concetto di terrorismo.

Le associazioni sovversive e terroristiche e l’uso delle armi
La materia ha come perno l’art. 270 e successivi del codice penale e fondamentalmente prevede la punizione di chi partecipi o diriga:

  • associazioni sovversive: “associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato” (art. 270 cp).
  • associazioni terroristiche ed eversive: “associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico” (art 270-bis cp).

Ancora una volta, dunque, l’illegittimità dei comportamenti è sancita dalla loro finalità, dal loro scopo finale.

Le novità del Decreto sicurezza
È proprio all’ambito terroristico sono rivolti i primi due articoli del Decreto Legge n. 48/25, convertito nella Legge 80/25, noto come “Decreto sicurezza”.

In modo significativo, proprio l’art. n. 1 punisce chiunque si procura, detiene o divulga materiale contenente istruzioni sulla preparazione o sull’uso di congegni bellici micidiali, di armi da fuoco o di altre armi o di sostanze, chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché, su ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo

In sostanza, è punibile chi costituisca un gruppo armato e/o detenga materiale sull’uso delle armi con finalità di terrorismo.

L’importanza dello scopo per cui si pratica
Dalle norme citate sin qui, è evidente che la finalità in vista della quale ci si esercita rappresenta l’ago di una bilancia sui piatti della quale stanno i due opposti: da un lato le nobili, specchiate e lecite attività del tiro che conosciamo; dall’altro, l’addestramento per finalità criminose.

È quindi importante conoscere in quali casi le Autorità possono ritenere che ci stia addestrando per il compimento di azioni di natura eversiva e terroristica.

A descriverci quali siano le condotte con finalità di terrorismo ci pensa l’art. 270 sexies cp, che le definisce come quelle condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale.

Sarà allora il contesto generale in cui ci si esercita ed in cui si vive la propria esistenza a fornire indicazioni sulle finalità per le quali si impara a sparare.

Quali tecniche si apprendono? Con quale abbigliamento e in quale contesto? Come trascorriamo la nostra vita privata? A quali iniziative partecipiamo?

Cosa offre il web?
Domande di non poco conto, dato che il web è ricchissimo di offerte “formative” che propongono attività al limite…

Solo per stare a qualche esempio di cui si trova ampia traccia su ogni social network, eseguire esercizi in team, con l’uso di carabine d’assalto ed equipaggiati come operatori delle forze speciali, con abbigliamento mimetico da capo a piedi può essere circostanza che determina una richiesta di spiegazioni.

Si tratta di operatori professionali della sicurezza che si stanno preparando ad affrontare scenari complessi in qualche teatro internazionale? E perché, allora, eseguono esercizi che hanno come finalità la conquista di una posizione e non un ripiegamento e la messa in sicurezza?

Certo, si dirà, nel tempo libero e a scopo ludico ognuno si diverte come meglio ritiene.

Nel caso di pratica ludica, ovviamente del tutto legittima, il consiglio è di evitare ogni forma di cosplaying e travestimento o velleità di riproduzione di spaccati della vita militare.

E per chi invece ama il cosplayng? Niente di male, ovviamente, ma in questo caso il consiglio è quello di evitare di associare il cosplaying all’uso di armi da fuoco vere.

Sia ben chiaro, passare un pomeriggio a divertirsi tra amici eseguendo esercizi mutuati da qualche pratica militare non è sufficiente a causare problemi. Occorre stare bene attenti, però, che quel pomeriggio di divertimento non si associ a esternazioni sui social, abbigliamento, o detenzione di altro materiale che potrebbe, in una lettura unica di tutti questi elementi, portare al convincimento che dietro qualche pomeriggio spensierato si nascondano invece finalità illecite.

Già, perché oltre al pomeriggio ludico tra amici, ciò che si rinviene sul web è un’ampia offerta di aderire a camp che di fatto somministrano addestramento paramilitare.

Il mondo del tiro non ha certo bisogno di essere accomunato a iniziative del genere. Perché, invece, ce le ritroviamo su campi di tiro e poligoni muniti di regolare licenza?

La responsabilità di istruttori e titolari di campi di tiro
Perché, a parere di chi scrive, nella loro migliore buona fede molti istruttori e titolari di poligoni e campi di tiro non sono portati a unire i puntini, come invece stiamo provando a fare in queste riflessioni.

Ecco uno spunto per convincere anche loro che il ritorno economico di una domenica in poligono o la quota di affitto di un campo di tiro non vale la fatica che gli è costata per allestirlo e ottenere ogni idonea licenza.

Gli istruttori (o in qualche caso presunti tali), dovrebbero dare lettura all’art. 270 quinquies cp, che punisce chiunque addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo.

I titolari di poligoni e campi di tiro, invece, beneficeranno di una lettura dell’art. 270 ter cp, che punisce chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna
delle persone che partecipano alle associazioni indicate
.

In conclusione
I riferimenti normativi ovviamente sono molti di più e meriterebbero un approfondimento decisamente maggiore.

Quello che si è voluto fare in queste righe è solamente fornire spunti di riflessione a chi fa parte della grande comunità del tiro, affinché si autotuteli e mantenga fuori dai propri cancelli chi, invece, al mondo del tiro può portare solo danni e discredito.

Il periodo è particolarmente complesso e delicato ed il mondo di chi seriamente utilizza e si esercitata in modo lecito all’uso delle armi da fuoco non ha certo bisogno che si gettino ombre sugli sforzi che da decenni il mondo del tiro ha compiuto e sta compiendo per dimostrare ai suoi detrattori che è composto da persone di particolare specchiatezza e rettitudine.

Dunque, chiunque voglia gettare, anche inconsapevolmente, discredito sulla sana attività di migliaia di appassionati e operatori professionali vada ad addestrarsi a suo rischio e pericolo nei boschi o dove meglio ritiene.

Fonte: armietiro
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