Valichi montani: la nuova disciplina lombarda

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Valichi montani: la nuova disciplina lombarda

Con il provvedimento Pda 27/2025, la Regione Lombardia ha introdotto una nuova disciplina sull’attività venatoria nei valichi montani attraversati dalle rotte migratorie dell’avifauna. Si tratta di un atto che chiude un lungo percorso giuridico e amministrativo, segnato da ricorsi e pronunce giudiziarie, e che pone la Lombardia tra le regioni più attente alla salvaguardia degli ecosistemi montani.

L’avvocato Antonio Bana, past president e consulente giuridico di Assoarmieri, fornisce alcune considerazioni che sintetizzano l’attuale situazione.

 

Il quadro normativo di riferimento

Il provvedimento trova fondamento in una pluralità di fonti:

  • la Legge 157/1992, che tutela la fauna selvatica omeoterma e disciplina l’attività venatoria;
  • la Direttiva 2009/147/CE (“Direttiva Uccelli”), che impone agli Stati membri la protezione dell’avifauna migratoria;
  • la Legge Regionale Lombardia 26/1993, che declina in ambito locale la disciplina venatoria;
  • la Legge 131/2025, recentemente approvata, che promuove e riconosce le zone montane come aree di particolare interesse ambientale e sociale.

A ciò si aggiungono senza dimenticare le numerose sentenze del Tar Lombardia e del Consiglio di Stato, che hanno più volte censurato i precedenti atti regionali per carenza di istruttoria e scarsa chiarezza normativa.

 

L’individuazione dei valichi montani

Il documento elenca 23 valichi montani, distribuiti tra le province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Pavia e Sondrio, considerati strategici per le rotte migratorie.

Il numero dei 23 valichi è così suddiviso:

  • 7 valichi con divieto assoluto di caccia: tra questi Bocchetta di Chiaro, Passo del Giovio, Passo Val Sanguigno, Passo del Vivione, Passo delle Portole, Passo del Tonale, Passo del Giova.
  • 16 valichi con limitazioni parziali: in tali aree la caccia resta consentita, ma con restrizioni significative relative a specie, orari, distanze di sicurezza e compatibilità con le Zps (Zone di Protezione Speciale) e le Zsc (Zone Speciali di Conservazione).

Giova sul punto precisare che la scelta dei valichi non è casuale: si basa su studi geomorfologici, cartografie dettagliate e monitoraggi scientifici condotti dall’Università dell’Insubria e dall’Ersaf.

 

Le limitazioni all’attività venatoria

Il provvedimento non introduce un divieto generalizzato, bensì una disciplina modulata:

  • divieti assoluti nei punti più sensibili;
  • restrizioni calibrate negli altri valichi, per consentire un bilanciamento tra caccia e tutela ambientale.

Tra le principali misure ricordiamo:

  • la riduzione delle specie cacciabili durante il passo migratorio;
  • gli obblighi di distanza da aree protette;
  • i maggiori controlli e sanzioni per violazioni;
  • l’istituzione di fasce di rispetto attorno ai valichi.

 

Le motivazioni giuridiche

La Regione ha agito in un’ottica di conformità multilivello:

  • Europea: rispetto della Direttiva Uccelli e degli obblighi internazionali di conservazione;
  • Nazionale: applicazione della legge 157/1992 e coordinamento con l’Ispra;
  • Regionale: adeguamento alla propria normativa e alle nuove disposizioni sulla montagna.

Anche l’impatto della giurisprudenza è stato fondamentale. Il Tar Lombardia aveva annullato precedenti delibere per insufficienza di motivazioni, mentre il Consiglio di Stato aveva richiesto un approccio più scientifico e meno politico.

 

Quali sono le implicazioni pratiche

  • Per i cacciatori: vi saranno regole più severe, ma anche maggiore certezza normativa, evitando zone grigie che alimentavano il contenzioso.
  • Per gli enti locali: compiti di vigilanza e monitoraggio, in raccordo con Ersaf e Università.
  • Per l’ambiente: rafforzamento della protezione dell’avifauna e delle rotte migratorie, riducendo la pressione venatoria in aree cruciali.

 

Il provvedimento non rappresenta una vittoria di una parte sull’altra, ma piuttosto un punto di equilibrio.

Una sintesi tra tradizione e sostenibilità: da un lato la forte tradizione venatoria lombarda e non solo, dall’altro gli obblighi di tutela imposti dal diritto europeo e nazionale.

Questa nuova disciplina si propone come modello per altre regioni, mostrando come sia possibile conciliare attività umane radicate nel territorio e tutela degli ecosistemi.

 

In conclusione il Pda 27/2025 segna una svolta significativa:

  • recepisce le istanze della scienza e della giurisprudenza;
  • definisce un sistema chiaro e trasparente di limiti e divieti;
  • pone la Lombardia in linea con i più elevati standard europei di protezione ambientale.

Un atto che va oltre la caccia: è un passo verso una nuova governance del territorio montano, capace di valorizzare l’ambiente senza cancellare le tradizioni.

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Fonte: armietiro
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