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Reato estinto: illegittimo rifiutare il porto d’armi
Con sentenza n. 17.040 del 3 ottobre 2025 la sezione Prima ter del Tar del Lazio ha accolto il ricorso di un cittadino che si è visto rifiutare il rinnovo del porto di fucile per uso caccia, cinque anni dopo una condanna in seguito al rito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti per un furto di energia elettrica. Un mese dopo il rigetto dell’istanza per il rinnovo del porto d’armi, peraltro, il tribunale ha dichiarato estinto il reato, perché nei cinque anni successivi all’applicazione della pena su richiesta delle parti, il cittadino non aveva commesso reati della stessa indole. Nonostante ciò, la richiesta di ricorso in via gerarchica ha avuto esito negativo, spingendo il soggetto a presentare ricorso al Tar.
I giudici tuttavia hanno considerato meritevoli di accoglimento le motivazioni del ricorrente, considerando che “L’obbligo di pronunciarsi sull’istanza di riesame di un provvedimento inibitorio in tema di armi postula l’obbligo dell’Autorità di Pubblica Sicurezza di rinnovare in toto l’istruttoria, esaminando tutte le circostanze e gli elementi sussistenti al momento della presentazione dell’istanza di riesame e formulando una nuova prognosi di pericolo di abuso delle armi. In altri termini, il riesame del provvedimento inibitorio in materia di armi deve essere condotto attraverso un’istruttoria puntuale e aggiornata che giunga ad una prognosi attuale e concreta circa la sussistenza del pericolo di abuso delle armi, non potendosi l’Amministrazione limitare ad un apodittico rinvio alle precedenti determinazioni assunte con l’originario provvedimento limitativo della sfera giuridica dell’interessato. A giudizio del Collegio, tale istruttoria completa e attuale è mancata nel caso di specie, dal momento che l’Autorità di Pubblica Sicurezza si è limitata a concludere che “le situazioni emergenti nell’odierna istanza di riesame sono le medesime della precedente, infatti nei confronti dell’interessato risulta permanere la medesima sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex artt. 444 445 C.P.P., disposta la pena di mesi 6 di reclusione e curo 70,00 di multa, per furto”, senza formulare un giudizio prognostico concreto circa l’attuale pericolo di abuso delle armi da parte del ricorrente. L’Amministrazione, poi, non ha valutato quale quid novi il provvedimento del Giudice dell’Esecuzione di Velletri con cui è stato dichiarato estinto il reato, ma si è limitata a rilevare che «dalla sola constatazione dell’estinzione del reato ai sensi dell’art. 445 del C.P.P. non può automaticamente discendere un parere favorevole alla concessione di autorizzazioni di polizia in materia di armi, poiché il giudizio che sta alla base del suddetto istituto non implica quello relativo alla premessa dell’affidabilità dell’individuo». Orbene, nel rinnovare l’istruttoria l’Amministrazione avrebbe dovuto formulare la prognosi attuale di pericolo di abuso delle armi tenendo conto di tutti gli elementi concorrenti, in una prospettiva diacronica, ad una analisi di affidabilità o inaffidabilità del ricorrente, tra cui, evidentemente, anche il provvedimento dichiarativo dell’estinzione del reato che lascia evidentemente sottendere una condotta virtuosa del ricorrente nei cinque anni successivi alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen. In altri termini, il provvedimento dichiarativo dell’estinzione del reato, lungi dal dover determinare alcun automatismo, avrebbe comunque dovuto essere valutato dall’Amministrazione quale comprova della condotta virtuosa tenuta dal ricorrente nei cinque anni successivi alla sentenza di “patteggiamento”, che, unitamente alla valutazione anche dell’incidenza dell’ampio lasso temporale decorso dal fatto storico di reato (furto aggravato commesso nell’anno 2015), avrebbe potuto ragionevolmente condurre ad esiti differenti. Il provvedimento gravato, quindi, è illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e condanna dell’Amministrazione a rideterminarsi in ordine all’istanza di riesame proposta dal ricorrente, mediante un giudizio prognostico fondato su un quadro attuale e circostanziato che dia atto della reale sussistenza o meno del pericolo di abuso delle armi da parte del sig. -OMISSIS-“.
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Fonte: armietiro
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