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Ddl Montagna è legge: cosa cambia?
Il Senato ha approvato il Ddl Montagna. Un decreto non facile, che contiene diverse novità. Parliamo di quelle che ci interessano di più. Ripristinata la possibilità di cacciare anche nei valichi montani: il divieto era a dir poco assurdo, considerando tra l’altro il posizionamento proprio nei valichi di sistemi killer per la fauna alata come le pale eoliche. Altra cosa importante, l’autorizzazione del porto e uso dello spray anti orso ad altre categorie rispetto ai soli operatori forestali. Tanto per dirne alcune polizia locale, protezione civile, Vigili del fuoco volontari, Soccorso alpino, Squadre cinofile, Croce rossa e altre unità specializzate. Non capiamo, e questo già scritto, perché le associazioni dei cacciatori dell’arco alpino non abbiano spinto per il porto e il possesso ai cacciatori di montagna. Che spesso, molto più degli altri, vanno da soli o in due soltanto, al di fuori dei sentieri, in posti molto impervi e spesso di notte. Paura di cosa? Abbiamo il porto e l’uso delle armi, fedina penale intonsa e pulita, sempre sottoposti a continui controlli per il mantenimento dei requisiti. Ma veniamo al punto dolente per l’animalismo nostrano: il declassamento del lupo, che permette l’avvio della gestione del predatore e l’applicazione di determinati provvedimenti molto più velocemente e con criterio. La logica dichiarata “è quella dell’equilibrio: gestione attiva e della specie”. Senza naturalmente comprometterne la conservazione. Cominciamo col dire che se il lupo si rivolge alla predazione di specie domestiche, tipo pecore, cani, gatti, asini, puledri e vitelli, non ha nessuna ragione di esistere in uno specifico territorio. Se al contrario, come viene inquadrato, ovvero al culmine della catena trofica come predatore e si rivolge alla fauna selvatica, nessuno, compresi cacciatori equilibrati, hanno nulla da obiettare. Cristiano Corazzari, assessore regionale con delega alla Caccia in Veneto, ha dichiarato che il provvedimento “procede nella direzione corretta” e aggiunge: “Il lupo è in forte espansione, la scienza lo dimostra. Il Veneto spende ogni anno centinaia di migliaia di euro per indennizzi e per sostenere allevatori e agricoltori. Misure a carico della collettività non sempre efficaci”. A conforto di quanto previsto dalla nuova legge, riportiamo che la Francia si è già assestata sul prelievo del 21% della popolazione. Flavio Tosi, parlamentare europeo, arriva anche oltre, propugnando una selezione del 10-20 per cento e non l’abbattimento di “qualche esemplare”. Come anche dichiarato coraggiosamente in una recente audizione in Senato da Piero Genovesi dell’Ispra. Naturalmente le varie associazioni a salvaguardia, a chiacchiere, del lupo ululano al complotto. Alle “misure estreme”. Quello che dispiace, però, che alcuni di quelli che sono tra i più esperti, come il biologo Luigi Boitani, dichiarano che “è noto che gli abbattimenti non funzionano per ridurre i danni”, e ancora che “Il declassamento è una risposta populista”. Noi ci permettiamo di rispondere: ma non sarà che non funzionano perché sono troppo pochi? Come tutte le specie, se gli interventi, alias abbattimenti, sono sempre ostacolati e ne vengono concessi solo uno o due (notizia di poco fa, in Alto Adige fermato l’abbattimento del secondo lupo, dei due concessi), logico che non succeda nulla. Come mai quando il prelievo è stato correttamente consentito, abbiamo portato qualunque specie al numero giusto? Si vuole ancora affermare l’idiozia che più se ne abbattono e più si riproducono? La scienza, non la loro, quella neutrale non dice questo. Se il lupo deve predare solo i selvatici, forse sarà ora di farne rimanere il numero giusto per fare solo questo. Tutte le ricerche comparse ultimamente negli Usa concludono che “Un effetto si può ottenere con un intervento su vastissima scala, ma questo non sarebbe fattibile o auspicabile socialmente, politicamente o ecologicamente per raggiungere la soglia necessaria per avere un impatto sostanziale sulla predazione del bestiame”. A tutto questo la nostra domanda è: perché no? Quindi, se si vuole, gli abbattimenti funzionano. Un’ultima osservazione: molti esponenti ricercatori dichiarano che un solo lupo o due abbattuti non hanno effetto perché non si può neppure essere sicuri che siano i responsabili degli eventi di predazione “impropria”. Chi fa caccia di selezione e controllo, o gestisce sul campo la fauna, sa benissimo, e strano che non lo sappiano i ricercatori, o forse lo sanno, che l’abbattimento di qualunque esemplare a cui hanno assistito i loro simili porta comunque alla memoria ecologica della specie che il sito, o l’obiettivo della predazione, è da evitare. Infatti se si vuole continuare a fare abbattimenti di qualunque esemplare è sempre meglio abbattere capi da soli, senza “occhi indiscreti” che guardano e vanno in allarme. Con i lupi è uguale.
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Fonte: armietiro
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