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Denuncia la gpg e poi sparisce: illegittimo il ritiro delle armi
Con sentenza n. 8379 del 30 aprile 2025, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di una guardia particolare giurata che si è vista notificare dalla prefettura di Roma il divieto di detenzione armi e dalla questura la revoca del porto di pistola a tassa ridotta, perché nei suoi confronti era stata presentata una denuncia per violenza sessuale, furto aggravato, lesioni personali e minacce.
Il legale della gpg ha osservato, tra i motivi del ricorso, che “vi sarebbe stata una carente valutazione dei fatti, non essendo stato acquisito alcun elemento di riscontro alle dichiarazioni della vittima, per la quale era stato fissato incidente probatorio; dunque, secondo parte ricorrente, l’amministrazione non avrebbe dovuto basarsi solo sulla denuncia”.
I giudici hanno accolto il ricorso, osservando che “quanto al titolo di guardia giurata e alla sua revoca, la valutazione fatta dall’Amministrazione, pur connotata da ampia discrezionalità, deve sempre essere sorretta da una motivazione adeguata che dia adeguato conto degli elementi concreti che, nel caso di specie, hanno determinato l’autorità prefettizia a sospettare delle garanzie di buona condotta nella detenzione e nell’uso delle armi; per tenere fede a questo vincolo di adeguatezza motivazionale – particolarmente avvertito nell’ipotesi di incidenza del provvedimento sull’attività lavorativa del ricorrente – occorre che dal provvedimento emergano chiaramente i motivi per i quali la valutazione della personalità complessiva del soggetto, della sua storia di vita pregressa e delle presumibili evoluzioni del suo percorso di vita hanno condotto l’autorità a determinarsi nel senso di vietargli la detenzione e l’uso delle armi, avendolo ritenuto allo stato pericoloso o comunque capace di abusarne (cfr. al riguardo Cons. di Stato, sez. III, n. 6457/2019). Inoltre, il giudice amministrativo è chiamato sia a valutare la consistenza dei fatti posti alla base della determinazione dell’Autorità prefettizia in ordine all’esistenza dei requisiti di legge e al pericolo di abuso delle armi (di modo che il sindacato sull’esercizio della funzione amministrativa consente un vaglio pieno sul fatto), sia anche ad apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa ha tratto dagli stessi (cfr. in merito Cons. di Stato, sez. III, n. 923/2023). Poste tali coordinate ermeneutiche, c’è da constatare che, come sottolineato anche dal Consiglio di Stato nella fase cautelare, gli addebiti a carico del ricorrente, pur connotati da significativo disvalore, sono fondati su un compendio probatorio tuttora in corso di accertamento e sono collegati ad una vicenda dai contorni peculiari, nella quale assumono valore determinante le dichiarazioni della persona offesa. Se a questo si aggiunge che la presunta vittima allo stato risulta irreperibile e che, neppure tramite il proprio legale, è stato possibile rintracciarla per poterla ascoltare dinanzi al Gip in sede di incidente probatorio, il ricorso, tenuto conto dell’impatto dei provvedimenti gravati sull’attività lavorativa del ricorrente, deve essere accolto nella misura in cui si lamenta un difetto di istruttoria a base degli atti oggetto di impugnazione. In sintesi, fermo restando l’autonoma valutazione che compete in situazioni del genere alla pubblica amministrazione, è innegabile che la vicenda che vede coinvolto il -omissis- presenta delle singolarità, acuite dal recente comportamento processuale della denunciante, circostanza che rende gli elementi fattuali sinora acquisiti insufficienti. In conclusione, il ricorso deve essere accolto nei limiti anzidetti e devono essere annullati gli atti impugnati, salvo le valutazioni future dell’amministrazione in ragione degli esiti del giudizio penale in corso”.
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Fonte: armietiro
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