Guida all’acquisto della pistola usata

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Guida all’acquisto della pistola usata

È un po’ come quando si va a comprare un’auto usata: sarà un caso, ma nel 90 per cento delle possibilità, si tratta sempre di una macchina che prima era di un signore anziano che “la usava solo per andare a fare la spesa il sabato mattina”.

Così, per esempio, con le pistole semiautomatiche usate, che nella stragrande maggioranza dei casi hanno “sparato solo 50 colpi”. E sia chiaro, in alcuni casi è veramente così, solo che in altri casi invece non lo è, e per di più le pistole il contachilometri neanche ce l’hanno… Come si fa, dunque, a capire se l’arma che ci si accinge ad acquistare può garantire lunghi anni di fedele servizio in poligono, o invece è già ben vissuta e, per il prezzo richiesto, non vale la spesa?

Forma e sostanza
Alcuni degli aspetti da prendere in considerazione sono relativi all’aspetto estetico dell’arma, altri si riferiscono invece all’aspetto più prettamente meccanico-operativo. In altri casi ancora, un difetto estetico può celare un problema di tipo meccanico. E così via. La nostra disamina prende in considerazione solo le armi moderne, non quelle d’epoca o Ex ordinanza, per le quali il ragionamento da farsi è più complesso perché oltre a valutazioni prettamente attinenti all’usura, entrano in gioco valutazioni relative all’originalità delle singole componenti, dei punzoni e così via.

La finitura
Quando un’arma viene usata intensivamente a fuoco o portata addosso per molto tempo, o entrambe le cose, la prima a soffrirne è la finitura esterna: l’attrito con gli abiti nel porto occulto determina abbastanza rapidamente una leggera, ma implacabile, abrasione della finitura sugli spigoli del carrello, del fusto e del fondello del caricatore, inoltre gli urti reiterati con cellulare, chiavi di casa, chiavi dell’auto e altri oggetti di uso comune possono comportare la presenza di micro-tacche (a volte neanche così micro…) in particolare sull’impugnatura e sulle guancette. I fusti polimerici delle moderne striker possono essere più resistenti nei confronti di questo tipo di usura (se non altro perché non sono bruniti), anch’essi però a un esame approfondito possono rivelare graffi e lucidatura degli spigoli. Se il problema è dovuto esclusivamente al porto occulto e non corrisponde a un impiego intensivo, l’arma potrà comunque essere proficuamente impiegata dal nuovo proprietario per il tiro ludico e sportivo, ma una compromissione della finitura comporterà comunque una decurtazione del valore economico, della quale è opportuno essere consapevoli. In alcuni casi, a eventuali danni alla finitura si è deciso di rimediare con operazioni di rifacimento, come ribruniture, oppure interventi più creativi, come cromature, lucidature a specchio, Cerakote e chi più ne ha più ne metta. È opportuno ricordare che una finitura custom non originale di fabbrica potrà essere senz’altro accattivante esteticamente (bisogna, però, che piaccia al nuovo proprietario tanto quanto al vecchio), ma comporta comunque una decurtazione del valore dell’arma e non un aumento del valore. Riconoscere un’arma che sia stata ribrunita rispetto a una che abbia la brunitura originale può anche essere molto difficile, i principali segni rivelatori sono relativi alle scritte e ai punzoni (come quelli del Banco di prova), che in un’arma ribrunita appaiono quasi sempre semi-cancellati o comunque impastati e non perfettamente netti.

La meccanica
Passando all’esame della meccanica, sono numerosi gli aspetti che è possibile verificare per constatare se l’impiego sia stato moderato e rispettoso, o intensivo e sciatto. Innanzi tutto, una buona cartina al tornasole è costituita dagli elementi più esposti dell’arma, cioè tacca di mira e mirino: è opportuno che non siano ammaccati o rotti, che siano saldamente fissi in posizione (un lasco può essere indice di reiterati smontaggi o sostituzioni maldestre) e che non presentino un significativo disassamento rispetto all’asse longitudinale dell’arma, perché in tal caso possono evidenziare il fatto che c’è un disassamento nella canna o qualche altro problema (magari congenito, esistente cioè anche ad arma nuova).

L’esame meccanico dovrà quindi necessariamente prevedere una verifica delle caratteristiche dello scatto, che non dovrà risultare né esageratamente leggero, né insolitamente pesante rispetto alla media per quel modello di arma; tanto nel primo, quanto nel secondo caso, ciò può significare che l’arma è stata customizzata e non è detto che il precedente proprietario avesse esattamente le mani d’oro.

Allo stesso modo, è necessario verificare il funzionamento delle sicure manuali e di tutti gli altri comandi presenti, come hold open, leve di smontaggio eccetera. Un indicatore particolarmente efficace sul fatto che l’arma sia stata maltrattata o comunque modificata dal precedente proprietario, è la verifica del taglio delle viti delle guancette, e del bordo delle sedi dei perni: se le une e gli altri risultano ammaccati, sbavati, deformati, quella è un’arma che è stata toccata e per di più da chi non aveva la corretta strumentazione. È poi opportuno verificare che l’estrattore e l’espulsore siano integri e non presentino danni o deformazioni.

In linea di principio è anche buona cosa scarrellare alcune volte velocemente e altre volte invece più lentamente, per capire se vi siano eccessive tolleranze di scorrimento o se, al contrario, si incontrino resistenze insolite.

Un altro indicatore su come l’arma sia stata tenuta e quanto abbia sparato, può essere rappresentato dalla rimozione delle guancette (per le armi che ne sono dotate, ovvio): in alcuni casi, sotto si trova di tutto, dalla ruggine al grasso secco ai pelucchi ai topi morti. Se non è possibile smontare le guancette, osservate comunque almeno la meccanica interna dalla parte superiore del fusto, dopo aver tolto il carrello: le componenti devono apparire mediamente pulite, se sono fortemente annerite c’è l’accumulo trascurato di decine di sessioni di tiro.

La canna è l’elemento più prezioso

La canna è l’elemento più prezioso, in quanto determina la precisione intrinseca dell’arma ed è il componente che sopporta le più elevate pressioni. Uno dei primi elementi da controllare è il vivo di volata, per assicurare che non vi siano ammaccature o deformazioni, indice di un urto o una caduta, che potrebbero inficiare la precisione intrinseca o anche, al limite, la sicurezza d’uso. La verifica dello stato di usura della rigatura è senz’altro opportuna, anche se oggi non si utilizzano inneschi corrosivi ed è difficile notare una consunzione macroscopica degli spigoli delle rigature. Più importante, invece, guardando l’anima della canna è verificare che non vi siano danni alle righe o ai vuoti, determinati da un impiego dissennato del materiale di pulizia (bacchette, scovoli), che potrebbero aver comportato graffi o tacche, forieri di imprecisione al tiro. Traguardare l’anima della canna controluce consente anche di accorgersi dell’eventuale presenza di aloni circolari, indice di un rigonfiamento, che potrebbe anche essere talmente lieve da non risultare visibile dall’esterno ma, invece, internamente è praticamente sempre visibile. La luce deve, quindi, correre in modo continuo sulla superficie interna della canna, senza strani “anelli” scuri, interruzioni o bolle scure.

Quante volte, fratello?

Una volta appurati tutti questi elementi, il dubbio resta: quanti colpi può aver sparato l’arma che mi interessa acquistare? Ovviamente non è facilissimo rispondere a questa domanda, tuttavia può risultare rivelatore rendersi conto che, alla fine, sono i punti che lavorano a reciproco contatto quelli che si usurano proporzionalmente all’uso. Così, per esempio, nelle armi che funzionano con canna oscillante, con il vincolo meccanico determinato dalla camera di cartuccia squadrata che si inserisce nella finestra di espulsione, un indicatore abbastanza fedele di quanti colpi abbia sparato l’arma, è constatare quanto sbiancata sia la zona superiore piatta della camera di cartuccia medesima. Già dopo pochi colpi può apparire una sottile linea bianca perpendicolare all’asse della canna, ma se i colpi diventano migliaia, la zona bianca tende ad allargarsi e può anche interessare metà della superficie della faccia superiore della camera di cartuccia. Allo stesso modo, con il procedere dei colpi tenderà a sbiancare la zona della canna che appoggia sull’estremità anteriore del carrello, ma anche la faccia dell’otturatore (dalla quale fuoriesce il percussore), gli spigoli dell’estrattore e, ovviamente, le guide di scorrimento sul fusto e sul carrello. Sulle pistole nelle quali il vincolo tra canna e carrello è rappresentato dai classici uno o due risalti semilunari (tipo Colt 1911, Browning Hp 35, Cz 75), un’arma che ha sparato molto potrà avere, oltre a un evidente sbiancamento di queste parti, anche una perdita più o meno accentuata della “nettezza” degli spigoli dei risalti sulla canna e di quelli delle corrispondenti sedi sul cielo del carrello.

Sulle pistole con blocchetto oscillante tipo Beretta 92 o Taurus, la traslazione orizzontale della canna può determinare lo sbiancamento sui lati delle guide della canna e la canna medesima potrebbe sbiancare in corrispondenza del punto che, ad arma in chiusura, è coperto dall’anello anteriore del carrello (dove c’è il mirino). Tutti questi segni di usura ovviamente si potranno rendere maggiormente evidenti in un’arma brunita, quando la pistola è realizzata in acciaio inox possono essere a prima vista meno visibili ma, con il tempo e l’abitudine, è possibile distinguere i segni di scorrimento reiterati anche sul metallo “bianco”, non protetto dalla brunitura.

Meglio fare un tagliando
Una volta esaminati tutti questi elementi, è ovvio che la scelta finale compete all’utente e va effettuata caso per caso, in funzione di quali elementi siano ritenuti primari (la regolarità di funzionamento a nostro avviso lo è più di tutti gli altri) o secondari (la finitura superficiale), in rapporto al prezzo richiesto. È chiaro che da una pistola usata (ipotesi) che viene venduta a soli 100 euro in meno rispetto all’arma nuova, ci si aspetta che la finitura sia pari a quella dell’arma nuova; se, invece, l’arma è venuta a meno di metà prezzo rispetto al nuovo, si potranno senz’altro tollerare segni di usura superficiale anche tutto sommato relativamente importanti.

Tutto ciò premesso, a nostro avviso una volta che l’arma viene effettivamente acquistata, se si parla di armi che saranno poi destinate a un impiego non sporadico al poligono e anche a un eventuale utilizzo in un contesto di difesa personale (abitativa o meno), il consiglio è comunque di procedere a un “tagliando” che preveda la sostituzione delle molle principali (quantomeno quella di recupero), del blocchetto di chiusura per le armi che ne sono dotate (tipo Beretta 92) e della leva dell’hold open per le armi che utilizzano un sistema di chiusura tipo Petter (Cz 75, Tanfoglio, eccetera). Con la sostituzione di questi elementi fondamentali, si potrà avere la ragionevole certezza che l’arma si comporterà al tiro come se fosse nuova e non soffrirà di improvvisi e spiacevoli “fermo macchina”.

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Fonte: armietiro
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