Kenia: santuario della natura… o cimitero?

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Kenia: santuario della natura… o cimitero?

Dopo la plateale ammissione di incapacità nel contrasto al bracconaggio degli elefanti, costituita dal famigerato rogo di zanne cacciate di frodo nel 2016, il Kenia sembra essere del tutto incapace anche di tutelare la specie del leone. Il Paese africano ha proibito del tutto i safari di caccia fin dagli anni Settanta, fregiandosi del titolo di “santuario della natura”, ma una volta scomparse le concessioni venatorie (e relativa sorveglianza da parte dei concessionari), sembra proprio che le autorità non abbiano né i mezzi, né le capacità per frenare il massacro di animali sottoposti a tutela.

In particolare, i leoni vengono uccisi mediante avvelenamento, lacci o trappole, persino lance e frecce, dalle popolazioni locali, che li ritengono soltanto scomodi e da eliminare, in quanto predatori dei loro mezzi di sussistenza, cioè del bestiame domestico. È di pochi giorni fa la notizia che i pastori Masai, che oltretutto hanno sempre visto l’uccisione dei leoni come una dimostrazione della loro indole di guerrieri, nel parco Amboseli e dintorni ne hanno abbattuti una decina. Ribadendo che, non avendo nessun valore per loro, li vedono solo e unicamente come cose inutili.

Prima che entrasse in vigore il divieto di caccia, il Kenya era veramente un paradiso di fauna di tutti i tipi, uno Stato principe dei safari di caccia di altissimo livello. Ma non solo. Set naturale di moltissimi film, documentari, e primo fautore del turismo fotografico. Si è vissuto su questo patrimonio per molti anni, ma poi il conto è stato presentato. Una volta vietati i safari il territorio, da cui sparirono tutte le compagnie di caccia, divenne incontrollato, data l’immensa vastità. Non più sorveglianza capillare, controllo della fauna e gestione dei relativi equilibri. In Africa i territori enormi abbandonati diventano inevitabilmente terra di conquista di organizzazioni dedite al bracconaggio intensivo e senza scrupoli. I Parchi stessi diventano riserve abusive di caccia illegale e di raccolta di avorio, corni di rinoceronte e bush meat (cacciagione per scopo alimentare). Quindi i leoni, che se sottoposti a caccia legale controllata vedrebbero il prelievo di soli pochi maschi adulti diventati ormai vecchi, sono istantaneamente inseriti nella lista dei “nocivi” da parte della popolazione indigena.

Se i leoni si fosse continuato a vederli come una risorsa, cosa che ha sempre fatto e rappresentato la caccia legale con i suoi safari, avrebbero rappresentato lavoro e soprattutto ricchezza per gli abitanti. Ma l’eterna battaglia contro la caccia legale, e i suoi trofei, tra le uniche vittime vede proprio le specie che si vorrebbero proteggere. Complimenti.

 

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Fonte: armietiro
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