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L’Africa de noantri
Giorni fa una nota conduttrice televisiva nostrana si è mostrata in un video in cui si fa vedere a colazione in savana assieme ai figli, seduti intorno a un piccolo tavolo. Lo scenario del set, è proprio il caso dirlo, è il parco Serengeti in Tanzania. Per non farsi mancare nulla, mentre si fa la pappa, giraffe ed eland pascolano intorno a loro, tenuti artificialmente nell’inquadratura da alcuni soggeti vestiti da Masai, foraggiano gli animali mediante ciotole con cibo, onde mantenerli all’interno del video stesso. Il quadretto familiare è proprio ameno. Si svolge in un miniambiente che è più falso di una moneta di piombo bucata. Falso perché giraffe ed eland sono platealmente animali domestici allevati e mantenuti nel resort a 10 stelle, che sicuramente accoglie la famiglia, onde dare questa immagine da “La loro Africa”. Così tornando a casa, o mandando in rete tale video accroccato, potrà facilmente fregiarsi dell’inevitabile malattia influenzale di chi si sente ormai votato all’Africa selvaggia. Che per fortuna non è mai stata così in realtà, nemmeno sui libri e nei peggiori film. Ora la conduttrice può giustamente pagare, comprare e “ammalarsi” per l’immagine dell’Africa che vuole, ci mancherebbe. Così malata che ha detto “Se ho mai visto qualcosa di magico, è stato in Africa”. Addirittura! Ma il rovescio di questa brutta medaglia è un altro. Spargere a piene mani video così artefatti, e costruiti con animali finto-selvatici tipo mucche allevate che vengono nutriti artificialmente, da l’idea a chi non ci andrà mai, ma riceve il messaggio, che l’Africa sia questa. Che quindi non c’è proprio un cavolo da salvare. Ma chi l’ha detto che stanno male? Guarda che lusso. E questi poveri animali, che i cattivi cacciatori vanno a uccidere? Sono così confidenti, così avvicinabili e “fraternizzabili”. Abbatterli è proprio un delitto e, soprattutto, questa è proprio la vera dimostrazione che è possibile “La pacifica convivenza tra uomo e animali”. Una vera manna per l’animalismo nostrano. Avremmo voluto consigliare alla conduttrice di lasciare, solo per qualche giorno, il resort e il solito water-hole dove con comodo dalla terrazza dell’albergo, sorseggiando un drink ghiacciato, si vedono gli animali che vanno a bere nel lago artificiale proprio di fronte. E magari invece fare un giro nell’entroterra dove i bambini scalzi fanno chilometri con una latta di plastica da 20 litri sulle spalle per andare a prendere l’acqua per la famiglia. O dove le persone di notte vanno a lavorare a piedi rischiando di essere mangiate vive da qualche leone. O visitare qualche villaggio dove si dorme assieme al maiale e alle galline in una misera capanna di escrementi impastati, in cui si scoppia dal caldo, ma forse il giorno dopo si è ancora vivi. E se avesse scambiato due parole con qualche madre con 4 o 5 bambini da sfamare avrebbe potuto sapere qualche cosa per capire cosa vuol dire essere africani lontani dai resort. Ai quali, peraltro, a loro è anche proibito avvicinarsi. L’Africa vera avrebbe veramente ringraziato. Ma certo ognuno sogna l’Africa che vuole vedere. Guardare troppo a fondo poi non rilassa. E non fa bene alla pelle.
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Fonte: armietiro
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