L’agente spara alla stazione Termini: torna il tema delle dotazioni

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L’agente spara alla stazione Termini: torna il tema delle dotazioni

“L’intervento alla stazione Termini che ha visto diversi agenti impegnati a rendere inoffensivo un pluripregiudicato che, in evidente stato di alterazione, ha minacciato diverse persone brandendo un coltello, ripropone con urgenza il tema delle pistole a impulsi elettrici da destinare alle forze dell’ordine”: lo ha dichiarato il portavoce dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Girolamo Lacquaniti, aggiungendo che “solo la calma e il sangue freddo dei poliziotti intervenuti ha fatto sì che nessun incolpevole cittadino rimanesse ferito, costringendo un poliziotto a sparare a una gamba all’uomo che nel frattempo si era spostato, sempre armato, in via Marsala”.

La vicenda, in effetti, si è conclusa operativamente in uno dei modi migliori che fosse possibile ipotizzare: il folle è stato immobilizzato prima che potesse colpire un incolpevole passante, l’operatore è riuscito a sparargli in modo da fermarlo ma senza ucciderlo (non perché, alla fine, ci importi del pregiudicato, ma avete idea del tritacarne nel quale il poliziotto si sarebbe trovato se ci fosse scappato il morto?), nessun altro si è fatto male. Calma e sangue freddo degli operatori (ai quali va il nostro plauso incondizionato), ma anche una buona dose di fortuna, atteso il fatto che l’impiego di un 9×19 mm a palla blindata in contesto urbano a elevata densità di popolazione costituisce sempre un fattore di rischio importante.

Si ritorna, così, a parlare sempre delle stesse carenze: da quando si è iniziato, embrionalmente, a parlare di includere le pistole a impulsi elettrici tra gli equipaggiamenti della polizia sono passati ormai vent’anni e a tutt’oggi ancora si attende questa fatidica (e ormai quasi leggendaria) distribuzione, dopo caute sperimentazioni (quando ormai praticamente tutto il resto del mondo già le usa da anni), burocratismi, battute d’arresto e chi più ne ha più ne metta.

Ci permettiamo, sommessamente, anche di sottolineare come ogni volta che viene esploso un colpo con la pistola o la pistola mitragliatrice d’ordinanza, da parte delle forze dell’ordine, si evidenzi anche in quel caso una profonda carenza, costituita dal fatto che il munizionamento in dotazione ha una struttura (con palla, appunto, completamente blindata) di concezione ultracentenaria e del tutto inadatta all’impiego di polizia in un contesto fortemente urbanizzato, per l’elevata capacità di rimbalzo, l’eccessiva capacità perforante (è facile che il proiettile attraversi completamente il bersaglio, ancora dotata di elevata lesività) e la virtuale incapacità di espansione, che porta a una cessione energetica insufficiente là dove è imperativo disporre di un elevato stopping power. Anche in questo caso, polizie europee (non parliamo degli Stati Uniti) ormai da decenni hanno introdotto in servizio munizionamento di tipo moderno a deformazione controllata, con minor attitudine al rimbalzo, superiore efficacia terminale e anche una eccellente capacità di determinare fori fustellati sugli pneumatici, accelerandone lo svuotamento rispetto a un normale proiettile ogivale.

È solo da pochi mesi che il ministero dell’Interno ha finalmente “ceduto”, quantomeno, sulla necessità di dotare gli operatori di un caricatore di ricambio, dopo anni di pervicace opposizione o, quantomeno, “sordità” sul tema specifico.

L’equipaggiamento delle forze dell’ordine non è un dettaglio e gli strumenti necessari all’attività quotidiana sono vitali, sia per gli operatori, sia per l’incolumità della cittadinanza, persino per limitare al minimo le perdite di vite umane tra i criminali: è l’approccio al tema, nel suo complesso, a essere impostato ancora secondo modelli burocratici di stampo borbonico, ed è proprio l’approccio al problema a essere tuttora impostato secondo canoni tecnico-burocratici che consentono tempi di adeguamento tecnico semplicemente ridicoli, del tutto inadatti rispetto non soltanto all’evoluzione del tipo di criminalità che si riscontra tra le nostre strade, ma anche rispetto al progresso tecnologico. Che non rappresenta una minaccia, come sembra pensare qualcuno al Viminale, bensì una risorsa a beneficio di tutti.

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Fonte: armietiro
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