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L’omicidio Kirk, le armi in Usa e il corto circuito dem
L’attivista Charles Kirk, detto Charlie, aveva 31 anni, era sposato e aveva due figli piccoli. Aveva, perché nel bel mezzo di uno dei suoi incontri pubblici, divenuti popolari probabilmente proprio in quanto provocatori e controversi, in un campus universitario, una mano finora ignota ha deciso di porre fine alla sua esistenza con un colpo di calibro .30-06 al collo, che non gli ha lasciato scampo. Questi, al momento, sono i fatti così come si sono svolti e sono l’unico elemento che non può essere messo in discussione.
A lasciare abbastanza sbigottiti, oltre alla violenza e tragicità dell’accaduto, è anche il contorno di commenti che si sono scatenati al di qua e al di là dell’Oceano, da parte di quelle persone che (questo legittimamente, sia chiaro) non si riconoscevano nelle posizioni ideologiche di Kirk sull’omosessualità, sull’aborto, sulla famiglia tradizionale e sul resto delle tematiche prettamente conservatrici che portava avanti nei propri discorsi pubblici, sotto il motto di “prove me wrong” (dimostrami che ho torto). È ovviamente legittimo non riconoscersi in quelle posizioni, così come è legittimo ritenerle eccessive, antistoriche, bigotte, razziste, quello che vi pare. Diverso è quando dalla contrapposizione dialettica si passa al piombo. E non veniteci a raccontare che è successo perché i suoi discorsi erano “violenti”: la violenza dialettica fa parte della libertà di espressione, se così non fosse uno come Vittorio Sgarbi sarebbe stato crivellato da mo’. Sparare a una persona che ci sta antipatica, non è dialettica e non è democrazia. Anche questa è una cosa che non può essere messa in discussione, fatevene una ragione.
Ancor più diverso è quando, a fronte di un cadavere ancora caldo, si devono leggere commenti immondi di compiacimento, oppure arzigogolati e pindarici distinguo, tutti accomunati dal seguente assioma: “la violenza è da condannare… MA…”. Tra i “ma” ci è toccato di leggere che sarebbe stato proprio Kirk ad “armare” la mano dell’attentatore, perché… faceva discorsi violenti, razzisti, omofobi, in una parola… fascisti. Ma allora, chiediamo provocatoriamente noi, è legittimo dire che una donna ha “armato” il contenuto delle mutande di uno stupratore perché in discoteca si comportava “in modo provocante”? Se affermassimo questo (precisazione a vantaggio degli analfabeti funzionali: la nostra è una provocazione sul filo dell’iperbole, non ci sogniamo minimamente di pensare una scemenza del genere), prontamente verremmo crocifissi sulla pubblica via da orde dei benpensanti (sempre quelli) che con la bava alla bocca ci intimerebbero il silenzio accusandoci di “colpevolizzare la vittima”. Il che è assolutamente vero, sia chiaro. Ma non si capisce, allora, perché il principio non debba valere sempre, anziché a scacchiera e a orologeria. E guarda caso, nei confronti di chi valga oppure no, lo decidono sempre gli stessi, insindacabilmente.
D’altronde si sa, di qua come di là dell’oceano, che le persone autenticamente democratiche possono concedere libertà di pensiero e di parola a chicchessia, ma non ai “fascisti”. Per guadagnare la patente di fascista, d’altro canto, non è necessario fare granché, basta semplicemente non essere perfettamente allineati con il pensiero dem. Guarda alle volte il caso… Affermare che gli esseri umani si dividono in 72 diversi generi (non 70 e non 80, bensì 72), è libertà di espressione (e lo è, fidatevi); affermare che i generi sono solo 2, è “fascista” e “violento”, non è libertà di espressione. Be’, se la pensate così, sappiate che la nostra, di opinione, è che magari avete bisogno di fare un giretto da uno psichiatra, meglio ancora da una equipe di psichiatri, e che siano di chiara fama, mi raccomando.
I suddetti dem, tra i motivi di gongolamento, annoverano anche il fatto che Kirk fosse a favore del possesso legale di armi, citando anche alcune sue dichiarazioni, provocatorie come tutto il suo bagaglio dialettico, nelle quali affermava che qualche morto per armi da fuoco fosse un prezzo non eccessivo da pagare per il diritto costituzionale di possedere armi. Si parla quindi di “karma”, di “se l’è meritato” e così via, arrivando fino al vero e proprio corto circuito mentale secondo il quale proprio coloro i quali si battono da anni, o da decenni, per limitare la circolazione di armi negli Stati Uniti, oggi plaudono alla “mira” dell’omicida e salutano la soluzione armata con toni entusiastici. In pratica, “fate quello che dico, non quello che faccio”, o in altri termini, “le armi le tolgo a te, ma quando servono ai miei scopi le uso eccome, a mia discrezione, o le lascio usare a qualcuno che abbia meno scrupoli di me”. Tutto molto edificante.
L’immediata reazione automatica è che “ci vuole una nuova legge sulle armi”, a chiederla tra i primi è la deputata dem Alexandria Ocasio Cortez, che sfida la surrealità e il ridicolo, ma soprattutto sposa in pieno la demagogia che sconfina nello sciacallaggio, affermando: “Chi ha una storia di violenza non deve avere accesso alle armi, e questo non deve essere usato come argomento per dire che si vuole abrogare il diritto delle persone di possedere un pistola. Possiamo girarci intorno, ma non è possibile che in uno Stato qualcuno possa accedere alle armi facilmente, un violento non deve avere armi. La nostra responsabilità è che vi sia una legge valida negli interi Stati Uniti. Gli shooter sono spesso persone prive di emozioni, mentalmente instabili e sotto stress. Servono controlli severi perché molte volte nelle persone la cui salute mentale peggiora aumenta la propensione alla violenza”. Evidentemente la deputata conosce dettagli sulla personalità dell’omicida e sui suoi precedenti che non sono noti alle forze dell’ordine? Perché se è vero che pochi minuti fa è stata data notizia di un fermo, ancora non si conoscono i dettagli sull’individuo arrestato… Ma soprattutto, peccato che a poco più di un anno dal primo attentato subito dall’allora candidato alla presidenza Donald Trump, l’omicida (poi ucciso dal secret service e identificato), Thomas Matthew Crooks, non avesse né precedenti penali o accuse di violenza, né precedenti di trattamenti psichiatrici!
Scendendo più nel dettaglio, tra l’altro, non si può fare a meno, nella tragicità della situazione, di osservare con una punta di ironia che l’arma utilizzata dall’omicida (trovata a poca distanza dal fatto), sia una carabina da caccia a ripetizione manuale, arma nei cui confronti, a oggi, nessuno, neanche il più oltranzista dei disarmisti, ha mai opinato la necessità di apportare restrizioni sul possesso, neanche nei più “dem” e “disarmisti” degli Stati dell’Unione, o fuori dagli Stati Uniti. E infatti le carabine di questo tipo sono regolarmente consentite, per esempio, in tutti i Paesi nei quali su “altri” tipi di armi vigono pesanti restrizioni, due su tutti il Regno Unito di Gran Bretagna e la “cugina” Australia. Allora forse, ancora una volta di più, il problema non è sulle caratteristiche tecniche delle armi, bensì sulla mentalità delle persone: se passa il concetto che è “giusto”, o “giustificabile” o “comprensibile” attentare alla vita di un personaggio pubblico che non ci sta simpatico, state pur tranquilli che lo strumento lo si trova, anche nel più disarmista dei Paesi. Agli Ajatollah del disarmismo evidentemente è già passato di mente quanto accaduto al premier giapponese Shinzo Abe, ucciso con una pistola autocostruita in una delle democrazie in assoluto più “disarmate” al mondo, cioè il Giappone. O, ancora, l’identica sorte capitata alla parlamentare britannica Joe Cox, sempre per mano di uno squilibrato che si era costruito in casa una pistola in un altro Paese nel quale le pistole sono vietate.
A chiusura di questa opinabile e discutibilissimo commento, ci permettiamo di riassumere il nostro personalissimo punto di vista con le parole che un semplice rapper con la terza media ha scritto oggi, dando una lezione di autentica democrazia ai tanti, troppi professori laureati che spaccano il capello in quattro con distinguo, eccezioni e arzigogoli filosofici, con il risultato di farsi semplicemente compatire: “Per quanto possiate considerare aberranti le idee di Charlie Kirk, ieri una persona è morta per un’idea. Non c’è un c***o da festeggiare”. Ecco, imparate. Che la democrazia non è una postilla.
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Fonte: armietiro
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