Orio al Serio: oltre il dramma, la falla

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Orio al Serio: oltre il dramma, la falla

Le immagini dell’uomo che si tuffa nel motore dell’aereo in pista all’aeroporto di Orio al Serio ormai hanno invaso il web. La ricerca delle motivazioni umane dietro al gesto estremo, compito amaro e delicato, per fortuna non ci spetta.

Quanto al profilo sicurezza, però, non servono fini analisti per porsi alcune domande sulla possibilità concreta di raggiungere il piazzale di uno degli aeroporti che, nei mesi estivi, registra ormai da anni un flusso di passeggeri in crescita esponenziale.

La prima e fondamentale domanda: come è possibile che un uomo arrivi all’ingresso dell’aerostazione, scenda dalla sua auto abbandonandola al varco, percorra tutta la strada necessaria e superi tutti i presidi presenti all’interno, fino a raggiungere il piazzale di manovra dei velivoli?

Che avesse la possibilità di usare varchi di servizio, che abbia semplicemente corso senza sosta o che si sia regolarmente presentato all’imbarco di un volo qualsiasi poco importa.

Ci è riuscito, dimostrando al mondo che “si può fare”. Naturalmente, siamo tutti a conoscenza del fatto che ogni rischio si esprime in termini di probabilità e danno e, ancora, che la probabilità di accadimento di un evento dannoso non può mai, per sua natura, arrivare a zero.

Ciò non toglie, però, che l’impatto di quanto accaduto sulla sicurezza aeroportuale è devastante. Se avesse semplicemente corso senza sottoporsi ai controlli di sicurezza, la successiva domanda spontanea è: e se avesse avuto con sé materiali pericolosi, portandoseli dento al motore e quindi sotto le ali-serbatoio di un aeroplano carico di passeggeri?

E in ogni caso: possibile che nessuna tra le persone che ha incontrato dall’ingresso dell’aeroporto fino a sotto bordo, lo abbia in qualche modo fermato? Cosa non ha funzionato?

Come sempre l’analisi degli incidenti non vuol essere giudicante, ma solo strumento di ricerca di eventuali correttivi, a maggior ragione in un settore la cui pericolosità intrinseca è tra le più alte in assoluto.

Il volo, infatti, è sempre stata è sempre sarà un’attività ad altissimo rischio, come tale iper-normata e disciplinata, sia sotto il punto di vista tecnico sia di fattore umano.

Non a caso, sin dalla sua larga diffusione è stato anche ambito che offre grandi opportunità alla galassia terroristica. Proprio in Italia, a Fiumicino, nel 1973 abbiamo cominciato a familiarizzare con il fenomeno.

Infatti il mondo del trasporto aereo è sempre stato campo di applicazione di severe regole tecniche, ma anche di formazione del personale in moltissimi ambiti.

Proprio dall’aviazione e dallo studio degli incidenti aerei sono nate discipline come situational awareness (consapevolezza situazionale), osservando come nella maggior parte dei casi la causa degli incidenti è da rinvenire nel fattore umano e, ancora di più, in una caduta di competenze non tecniche, a partire proprio dalla capacità di mantenere livelli di attenzione elevata. E non vale solo per i piloti.

Possibile che nessuno, tra addetti alla sicurezza e personale tecnico, abbia notato una simile anomalia?

Oppure è stata notata, ma il tempo necessario a superare l’iniziale incredulità e poi a realizzare cosa stesse davvero accadendo non ha consentito a nessuno di intervenire per tempo?

Certo, si dirà, è normale una persona che corre in aeroporto, che resta pur sempre una stazione, con i suoi orari e il rischio di attivare tardi. Soprattutto in una stagione dai flussi al limite del gestibile come l’estate.

Soprattutto in un aeroporto che da anni è in espansione costante proprio per l’enorme carico di voli e passeggeri, che con tutta probabilità la struttura riuscirà ad assorbire nel giro di anni, adeguamento su adeguamento. Una cosa è certa: “si può fare” e chi ha orecchie per intendere di solito intende eccome…

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Fonte: armietiro
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