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Spot anticaccia di Almo nature: Fidc e Una chiedono trasparenza
La caccia è un delitto, per qualcuno. Tra questi evidentemente c’è il binomio (intimamente connesso) rappresentato da fondazione Capellino e Almo Nature, noto produttore di cibo per animali, che da alcuni giorni diffondono in televisione uno spot incentrato sulla contrarietà alla riforma in discussione in Parlamento sulla legge quadro della caccia (157/92) ma in generale sulla contrarietà all’attività venatoria in quanto tale, la cui frase a effetto è “Niente giustifica la caccia”.
Appare quantomeno surreale che a condannare pubblicamente l’uccisione di animali nel contesto venatorio sia proprio un’azienda che, producendo alimenti per gli animali domestici, inevitabilmente ricorre all’uccisione di animali per produrre, appunto, gli alimenti in questione. Ancor più se si pensa che in alcuni dei prodotti dell’azienda figura anche la carne di animali considerati comunemente “selvaggina”, come il cinghiale.
Federcaccia ha già sottolineato nei giorni scorsi il disvalore del messaggio di Almo Nature, ma insieme a Fondazione Una rilancia, sottolineando l’ipocrisia insita nel messaggio veicolato dall’azienda (proprio in considerazione della provenienza) e chiedendo trasparenza: “Visto che Fondazione Capellino e Almo Nature hanno promosso una campagna dal titolo “Niente giustifica la caccia” e visto che Almo Nature è una azienda che produce petfood, facendo business attraverso la vendita di cibo per animali”, si legge nel comunicato ufficiale, “chiediamo ad Almo Nature e Fondazione Capellino, per trasparenza: Quali e quanti animali uccisi utilizzate, in un anno, per fare business? Da dove vengono questi animali che alimentano il vostro business? In quali allevamenti vengono uccisi, e da quali nazioni vengono importati? Quali sono le garanzie sanitarie riconosciute per animali uccisi extra UE, attraverso cui alimentate il vostro business? Chiediamo risposte chiare e dati verificabili: la condanna della caccia non può essere considerata come diversivo di un business che potrebbe rilevarsi non etico”.
Indipendentemente dalla certificabilità etica della provenienza degli animali, ci permettiamo di aggiungere che a rendere ridicolo e surreale il contenuto dello spot è proprio il fatto che provenga da una azienda che inevitabilmente “campa” sull’uccisione di animali, per nutrire altri animali. Per non parlare del fatto che tra i clienti dell’azienda inevitabilmente figureranno (a questo punto forse non più) anche i padroni dei cani da caccia…
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Fonte: armietiro
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