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Una rilancia su Almo Nature: non arrivano risposte
Fondazione Una è tornata a occuparsi di Fondazione Capellino e Almo nature, dopo lo spot che l’azienda produttrice di cibo per animali ha diffuso contro l’attività venatoria e, in particolare, dopo le domande che Fondazione Una aveva rivolto chiedendo chiarezza sugli aspetti dell’attività di business dell’azienda. Domande che, come sottolinea oggi Fondazione Una, risultano ancora senza risposta.
“Nonostante le domande siano state raccolte dallo stesso Pier Giovanni Capellino, e così come raccolte poi glissate, Fondazione UNA – Uomo, Natura, Ambiente – continua a non ricevere risposte dall’azienda produttrice di petfood che ha lanciato lo scorso ottobre la sua campagna “Niente giustifica la caccia”. Alcune risposte sono effettivamente rilevabili all’interno dei materiali ufficiali dell’azienda che dichiara di utilizzare, per alimentare il suo business, carni di pollo, tacchino, manzo, agnello, maiale e perfino cinghiale, quest’ultimo proveniente da “scarti di attività venatoria”. Il 56% di queste carni, inoltre, si dichiara provenire da paesi extra UE, in particolare dalla Thailandia. Sugli altri interrogativi che rimangono senza risposta, Fondazione UNA intende rilanciare: quanti di questi animali uccisi utilizza Almo Nature per fare business? Quali sono gli standard sanitari riconosciuti per petfood di provenienza extra Ue, come la Thailandia? Fondazione Una continua ad attendere una volta per tutte che sia fatta chiarezza e che non si continuino a creare fallaci diversivi contro la caccia per nascondere le verità di un business che, a conti fatti, potrebbe rilevarsi essere poco etico”.
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Fonte: armietiro
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